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venerdì 17 ottobre 2014

Il fisco dei fondi immobiliari

I fondi immobiliari sono riconducibili ad una particolare forma di investimento nella quale l’impiego delle risorse finanziarie, realizzato mediante una gestione collettiva, è demandato da una pluralità di investitori a una società di gestione del risparmio (Sgr). I fondi immobiliari sono organismi di investimento collettivo di risparmio (Oicr) e per un disposto di legge, devono essere costituiti in forma chiusa. Ciò significa che sono caratterizzati dall’impossibilità, per il sottoscrittore, di chiedere il rimborso della quota durante la vita del fondo.
L’oggetto dell’investimento è sostanzialmente composto da beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni.
I fondi comuni di investimento di tipo immobiliare sono disciplinati dal D.Lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998 (Testo unico della finanzia, nel seguito “Tuf”). La disciplina fiscale è invece contenuta nella normativa speciale di cui al D.L. 25 settembre 2001, n. 351 oltre che nelle disposizioni di cui all’art. 32 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 e al D.L. 31 maggio 2011, n. 70, a opera delle quali è stato significativamente innovato il regime di tassazione dei fondi e dei sottoscrittori. 

Merita fin d’ora segnalare che l’art. 3, co. 1, del D.L. 24 aprile 2014, n. 66, ha stabilito l’incremento dell’aliquota dal 20 al 26% delle ritenute e delle imposte sostitutive sui redditi finanziari; l’indicazione dell’aliquota del 20% nella prosecuzione va intesa innalzata al 26% a decorrere dal 1 luglio 2014, salvo che la conversione in Legge del decreto non apporti modifiche alla predetta normativa.

La disciplina civilistica L’attuale definizione di fondo comune di investimento (applicabile sia ai fondi mobiliari che a quelli immobiliari) è contenuta nell’art. 1, co. 1, lett. j), del Tuf, come modificato dall’art. 32, co. 1, del D.L. n. 78/2010, laddove viene sancito che per “fondo comune di investimento” si intende “il patrimonio autonomo raccolto, mediante una o più emissioni di quote, tra una pluralità di investitori con la finalità di investire lo stesso sulla base di una predeterminata politica di investimento; suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti; gestito in monte, nell’interesse dei partecipanti e in autonomia dei medesimi”. In estrema sintesi, le due condizioni richieste dal TUF sono i) la pluralità dei partecipanti e ii) l’autonomia della Sgr. Merita fin d’ora sottolineare come la definizione civilistica rilevi anche sul piano impositivo in quanto, in taluni casi, la specifica disciplina fiscale prevista per i fondi immobiliari è applicabile soltanto in presenza dei requisiti previsti dal Tuf (cfr. Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 2/E del 15 febbraio 2012).
La soggettività tributaria dei fondi immobiliari e il regime tributario del fondo Per effetto delle modifiche apportate dall’art. 96 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, a mente del quale sono stati inclusi gli Oicr tra i soggetti di cui all’art. 73, co. 1, lett. c) del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), concernente gli enti non commerciali, è stata sancita la soggettività tributaria passiva ai fini dell’imposta sui redditi delle società (Ires) per i fondi d’investimento, compresi i fondi immobiliari, residenti in Italia. L’art. 32, co. 3, del D.L n. 78/2010 prevede tuttavia regimi fiscali differenti a seconda delle varie tipologie ivi definite.
A prescindere dalla sussistenza dei requisiti di autonomia gestionale e pluralità dei partecipanti, i fondi cosiddetti “istituzionali” (ossia i fondi partecipati esclusivamente da “investitori istituzionali” quali le banche, le imprese finanziarie, le imprese di assicurazione, gli enti no profit e le cooperative, i veicoli partecipati in misura superiore al 50% dai predetti soggetti) sono assoggettati al regime “speciale” contenuto nell’art. 6 del D.L. n. 351/2001, che prevede un regime di esenzione dalle imposte sui redditi ancorché i fondi, come detto, siano ora espressamente inclusi tra i soggetti passivi Ires. L’esenzione si applica anche ai fondi cosiddetti “non istituzionali” (ossia i fondi partecipati anche da soggetti diversi dagli investitori istituzionali) a condizione, però, che possiedano i requisiti indicati nel Tuf (pluralità di partecipanti e autonomia decisoria della Sgr). Ai fondi non istituzionali che si discostano dal modello tipizzato del Tuf, invece, si applicano le ordinarie disposizioni in materia di Ires.

Il regime fiscale dei partecipanti ai “fondi istituzionali” Agli investitori istituzionali dei cosiddetti fondi istituzionali è riservato il regime tributario di cui all’art. 7 del D.L. n. 351/2001 che assoggetta alla ritenuta del 20% i redditi di capitale derivanti dai proventi percepiti in costanza di partecipazione. La ritenuta non è operata, invece, sui proventi percepiti dai fondi pensione e dagli OICR istituiti in Italia e disciplinati dal TUF, che sono trattati, pertanto, come soggetti “lordisti”. I redditi diversi di natura finanziaria conseguenti alle operazioni di cessione, rimborso o liquidazione delle quote, ai sensi dell’art. 67, co. 1, lett. c-ter) del Tuir, sono assoggettati ad imposta sostitutiva del 20% prevista dagli artt. 5, 6 e 7 del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461 (regime dichiarativo, amministrato e gestito).
Resta inteso che ove i redditi finanziari sono conseguiti nell’esercizio di impresa, in capo agli investitori si applicano le ordinarie disposizioni del Tuir.
Il regime fiscale dei partecipanti ai fondi diversi da quelli istituzionali Come già evidenziato, sono considerati fondi non istituzionali sia quelli partecipati esclusivamente da soggetti diversi dagli investitori istituzionali sia quelli con investitori promiscui (istituzionali e non). Per quanto riguarda i redditi conseguiti dai partecipanti istituzionali o dai partecipanti che possiedono quote di partecipazione al fondo inferiori al 5% del valore dello stesso, il D.L. n. 351/2001 prevede l’applicazione della ritenuta sui redditi di capitale e dell’imposta sostitutiva sui redditi diversi nella misura del 20%.

Per gli investitori non istituzionali residenti in Italia che detengono una quota di partecipazione al fondo superiore al 5%, invece, il comma 3-bis dell’art. 32 del D.L. n. 78/2010 ha introdotto un particolare regime in base al quale i redditi conseguiti dal fondo immobiliare, ancorché non percepiti, sono imputati per trasparenza ai suddetti partecipanti in proporzione alle quote di partecipazione. Detti redditi si qualificano quali redditi di capitale e concorrono a formare il reddito complessivo dei partecipanti, con il conseguente obbligo di dichiarazione.

Poiché la misura della partecipazione, da cui consegue il diverso trattamento tributario del provento, deve essere verificata al termine del periodo d’imposta, all’atto della distribuzione degli utili il sostituto d’imposta applica provvisoriamente una ritenuta nella misura del 20% che potrà essere eventualmente essere scomputata dal reddito attribuito per trasparenza nella medesima annualità, laddove la partecipazione al termine dell’esercizio risulti sopra “soglia”.
Nel caso di cessione delle quote da parte di investitori non istituzionali che detengono una quota di partecipazione superiore al 5%, la plusvalenza concorre a formare il reddito complessivo del partecipante non esercente attività d’impresa nella misura del 49,72%, mentre per i soggetti che detengono l’investimento nell’esercizio di attività d’impresa si applicano le ordinarie disposizioni del Tuir. Per determinare la base imponibile nel caso di cessione, il costo della partecipazione è incrementato dei redditi imputati per trasparenza, mentre le perdite rilevano esclusivamente in capo al cedente che agisce in qualità di esercente un’attività d’impresa (fino a concorrenza dei risultati imputati per trasparenza).
Il regime dei proventi percepiti dai soggetti non residenti I proventi corrisposti a soggetti non residenti sono sempre soggetti alla ritenuta del 20% a titolo d’imposta al momento della loro corresponsione, indipendentemente dall’ammontare della partecipazione detenuta nel fondo. Tuttavia, se l’investitore risiede in un Paese con il quale l’Italia ha stipulato una Convenzione contro le doppie imposizioni, si applica l’eventuale minore aliquota convenzionale. Ai fini dell’applicazione della Convenzione, i sostituti d’imposta devono acquisire:

I) una dichiarazione del soggetto non residente effettivo beneficiario dei proventi dalla quale risultino i dati identificativi del soggetto medesimo, la sussistenza di tutte le condizioni alle quali è subordinata l’applicazione del regime convenzionale e gli eventuali elementi necessari a determinare la misura dell’aliquota applicabile e
II) un’attestazione delle competenti autorità fiscali dello Stato ove l’effettivo beneficiario ha la residenza. 
È prevista l’esenzione esclusivamente nei confronti di
I) fondi pensione e Oicr esteri istituiti in Stati inclusi nella cosiddetta “white list”;
II) enti ed organismi internazionali;
III) banche centrali ed organismi che gestiscono le riserve ufficiali dello Stato.
Per quanto riguarda i redditi diversi realizzati da soggetti non residenti in occasione della cessione delle quote, non vi è alcuna imposizione qualora le quote siano negoziate in un mercato regolamentato, nel caso in cui la Convenzione contro le doppie imposizioni riservi allo Stato di residenza del percettore la tassazione in via esclusiva del reddito, nonché nelle ipotesi di esenzione relative alle partecipazioni non qualificate contenute nell’art. 5, co. 5, del D.Lgs. n. 461/1997 per i soggetti che risiedono in Paesi o territori “white list”.


Fonte: ProfessioneFinanza

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