Montaigne all’interno dei suoi Saggi ci ricorda che anche sul trono più alto del mondo siamo pur sempre seduti sul nostro posteriore; e così al di là dei roadshow di approfondimento, delle analisi di portfolio, dell’impegno nel puntare (o, a volte, fare finta di farlo) sulla formazione finanziaria, non ci deve sembrare strano se una buona parte degli addetti ai lavori crede che il successo negli investimenti derivi dal fattore C. Non si tratta della famosa vitamina, ma di quel termine (già citato in precedenza da Montaigne), un po’ scurrile, il cui contraltare da bon ton prende il nome di “fortuna”. Questo (e non solo questo) è quanto emerge da una nuova ricerca pubblicata dal Center for Applied Research (“CAR”), il think-tank indipendente di State Street, approfondimento elaborato attraverso un’indagine su 3.744 investitori, fornitori di servizi di investimento, funzionari governativi e autorità regolamentari in 19 Paesi, nel corso di in un periodo di 18 mesi.. La ricerca, dal titolo “The Folklore of Finance: How Beliefs and Behaviors Sabotage Success in the Investment Management Industry”, esplora il concetto di “successo” degli investimenti e l'impatto di credenze e pregiudizi comuni nel settore dell’investment management. Vediamo il dettaglio del comunicato.
Nonostante oltre il 60% del capitale del settore venga speso
per la ricerca di alfa, dalla ricerca è emerso un crescente scetticismo.
Solo il 53% degli investitori individuali e il 42% dei professionisti
degli investimenti ritiene che la produzione di alfa sia determinata
principalmente dalle competenze. Inoltre, quando si chiede se siano
preparati per soddisfare i loro obiettivi di investimento, solo il 12%
degli investitori individuali può dire con sicurezza di esserlo.
"I modelli di successo nell’investment management non sono più
validi", ha dichiarato Kelly McKenna, responsabile globale del CAR di
State Street. "I professionisti degli investimenti prestano molta più
attenzione alle attività che ritengono contribuiranno a dare valore
all’alfa. Alcune di queste attività sono utili, altre invece sono di
valore limitato. Il vero successo comprende non solo il raggiungimento
dell’alfa, ma richiede anche di aiutare gli investitori a raggiungere i
loro obiettivi di lungo termine, in modo sostenibile, nel corso del
tempo".
Ad influenzare questa tendenza sono le credenze condivise,
radicate nei pregiudizi umani, che governano i comportamenti sia dei
professionisti degli investimenti sia degli investitori retail. Il
rapporto indaga queste credenze, che possono essere suddivise in tre
grandi categorie, due delle quali possono essere considerate come
consapevoli, mentre una è inconscia e nascosta.
Elementi di folklore consapevoli: il tempo e il falso comfort
Gli investitori retail e i professionisti degli investimenti
fanno troppo affidamento sui risultati passati quando prendono decisioni
di investimento, nonostante il fatto che le performance passate non
siano indicative dei risultati futuri. Inoltre, non riescono sempre a
tenere presenti gli obiettivi di lungo termine nella valutazione delle
performance nel breve periodo.
• Circa
il 60% dei professionisti degli investimenti prende in considerazione
un lasso di tempo limitato, che va da uno a tre anni, per valutare le
performance. Inoltre, più del 60% degli investitori retail dichiara che
prenderebbe in considerazione di passare a una strategia di investimento
più prudente se il portafoglio perdesse il 20% in un anno e di questi,
il 90% effettuerebbe il passaggio in meno di tre mesi.
• Solo
il 22% degli investitori istituzionali ritiene che il successo sia
basato sul raggiungimento di obiettivi di investimento di lungo periodo,
mentre la stragrande maggioranza (63%) misura il successo rispetto ai
benchmark.
• Inoltre,
meno del 30% degli investitori retail ritiene che il successo consista
nel raggiungere gli obiettivi a lungo termine e cita invece sistemi di
misurazione del successo non plausibili o irrilevanti, come conseguire
profitti e non avere perdite, sovraperformare il mercato e raggiungere
obiettivi di investimento a breve termine.
L’inconsapevole folklore della conoscenza
La maggior parte dei gestori intervistati mostra una tendenza
inconscia all’“auto-attribuzione”. Senza rendersene conto, si prendono i
meriti del loro successo, ma attribuiscono la colpa dei loro fallimenti
a fattori esterni. Analogamente, gli investitori retail dimostrano di
sovrastimare eccessivamente le proprie capacità.
• Il
77% dei gestori e il 47% degli intermediari cita l’"esperienza e il
processo analitico" come la ragione principale delle loro
sovraperformance, ma quando gli viene chiesto di spiegare la
sottoperformance, è più probabile che attribuiscano la colpa alle
condizioni di mercato, alle aspettative dei clienti o al top management
delle aziende in cui hanno investito.
• Circa
due terzi degli investitori retail ritiene che il proprio attuale
livello di conoscenze finanziarie sia avanzato; tuttavia, quando è stato
richiesto di completare un test sulle conoscenze finanziarie, il
punteggio medio di alfabetizzazione finanziaria rilevato a livello
globale era solo del 61%.
• Nonostante
questo, il 93% degli investitori retail pensa di dover prendere
decisioni di investimento in autonomia e due terzi pensano che il loro
miglior investimento sia stato interamente dettato dalle proprie
decisioni.
"Se i pregiudizi consci e inconsci sono uno dei motivi fondamentali del mancato raggiungimento del vero successo da parte dei
professionisti degli investimenti e degli investitori retail, la
consapevolezza di questi pregiudizi è parte della soluzione", ha
commentato Suzanne Duncan, responsabile globale della ricerca del CAR di
State Street. "E’ il momento di riscrivere la storia. Riorientare il
comportamento del settore è un'opportunità per rafforzare i valori
necessari per raggiungere il vero successo”.
Fonte: ProfessioneFinanza
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