Gli investimenti in infrastrutture pubbliche sono un banco di prova
importante per il Governo. Che, dalle prime mosse, non sembra aver affatto
“cambiato verso”. Occorrono adeguate strategie di programmazione e valutazioni
che dimostrino quanto i benefici sono superiori ai costi.
Il PROVVEDIMENTO “SBLOCCA ITALIA”
Mentre Mario Draghi invoca un piano europeo di investimenti pubblici finalizzato
alla crescita in linea con le proposte di Juncker, il Governo dell'Italia sta per varare un provvedimento che tra le altre cose dovrebbe sbloccare
o determinare un'accelerazione della realizzazione di alcune rilevanti infrastrutture pubbliche. Si
tratta di misure che tramite il rilancio della spesa pubblica in conto
capitale dovrebbero contribuire all’aumento di produttività e crescita.
Il condizionale come vedremo è d’obbligo perché si pone il problema
della qualità e degli effetti che gli investimenti devono attivare.
Vediamo i fatti noti sino ad oggi.
Il Governo sta preparando una lista di interventi infrastrutturali da “sbloccare” (e in piccola parte da finanziare) da inserire nel provvedimento noto appunto come “sblocca Italia”.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha pubblicato una
mappa delle principali opere (pari a 27) che verranno sbloccate
comprendenti sia quelle già finanziate ma bloccate da fattori
burocratici (15 opere per un valore di 30 miliardi e 402 milioni) sia
quelle che necessitano di nuove risorse per il proseguimento della loro
realizzazione (12 opere per un valore di 13 miliardi e 236 milioni).
Di questa lista una semplice inchiesta giornalistica (1) ha
già potuto stabilire che 20 progetti per un valore di circa 23 miliardi
non sono tecnicamente fattibili a breve o cantierabili. Tra tali
progetti si segnala, ad esempio, due progetti ferroviari fortemente
sponsorizzati dal Governo (ma non solo) quali l’Alta capacità Napoli-Bari e l’Alta capacità Torino-Lione.
Per il primo le lunghe procedure fanno prevedere che l’intervento di un
commissario possa permettere l’avvio dei cantieri non prima del 2018;
nel caso del secondo progetto, oltre ai noti nodi politici, occorre un
nuovo trattato con la Francia e l’effettuazione di gara d’appalto.
E già questo dovrebbe creare un certo allarme sulle modalità decisionali in materia di investimenti pubblici.
Ovviamente per riavviare le opere pubbliche non bastano semplificazioni e
commissariamenti. Infatti, già in passato numerosi provvedimenti
analoghi finalizzati ad accelerare la spesa per investimenti pubblici
non avevano prodotto alcun risultato.
INFRASTRUTTURE E CRESCITA
Ma le questioni più delicate sono altre.
Anche se le misure previste riguardano prevalentemente l’accelerazione
della realizzazione delle opere con finanziamenti già approvati, esse
comportano ugualmente un aumento della spesa programmata (rispetto alla legislazione vigente) (2),
che incide negativamente sui saldi di finanza pubblica. Tale
peggioramento dei saldi può essere accettato solo a condizione che tale
spesa abbia con ragionevole certezza effetti positivi netti e
rappresenti un reale elemento propulsivo di sviluppo.
Il Governo Renzi, con una straordinaria continuità con i precedenti esecutivi, sembra non aver colto il fatto che gli
investimenti pubblici possono rappresentare uno strumento per la
crescita solo a condizione che sia garantita la loro qualità e la loro
redditività nel tempo. Quindi solo a condizione che siano verificati e
verificabili gli effetti economici positivi di detti investimenti. Nel
caso che ciò non venga fatto o se i risultati delle analisi risultino
negativi si deve assumere che le spese in conto capitale per
investimenti non abbiano una valenza diversa dalle spese correnti
(soggette a spending review). (3)
Purtroppo i progetti contenuti nella shopping list che è stata
presentata non sono stati sottoposti né lo saranno ad alcuna valutazione
costi-benefici, come pure previsto obbligatoriamente dalla normativa in
vigore per le opere pubbliche gestite dalle amministrazioni statali.(4)
INEFFICIENZE E INCERTEZZE
Molti segnali (oltre all’esperienza di chi scrive) fanno ritenere che
tutti i difetti (inefficienza, inefficacia, inutilità e molto altro)
considerati nel “disastro” dei fondi strutturali – già osservato da Roberto Perotti e Filippo Teoldi su queste pagine – possono essere estesi con le dovute varianti e qualificazioni, all’intero sistema italiano degli investimenti pubblici. (5) In molti casi la scelta dei progetti è guidata da lobby o è del tutto casuale ed esula dalla valutazione di costi e benefici.
Il risultato è dunque che la spesa per investimenti pubblici può
rivelarsi ex post produttiva o improduttiva con uguali probabilità,
senza che nessuno prima di effettuare le decisioni di spesa abbia
accertato seriamente la cosa. Pertanto fino a quando i meccanismi
decisionali programmatori e valutativi non saranno stati radicalmente
riformati, il sistema degli investimenti pubblici italiani è in balia a una totale incertezza e non rappresenta tout court uno strumento per la crescita.
Queste considerazioni dovrebbero indurre il Governo ad avviare una globale rivisitazione della strategia di programmazione degli investimenti pubblici, impostando
un piani di investimenti circoscritti e di elevata qualità,
attentamente selezionati, e di cui siano stati valutati preventivamente
gli effetti economici (e per i quali sia prevista una specifica
valutazione ex post).
Come è stato osservato (6) le analisi costi-benefici sono state osteggiate sia dagli stakeholders
che perseguono i propri obiettivi, sia dai decisori e dalle
amministrazioni a cui interessa che le risorse vengano assegnate ai loro
settori e territori di competenza, anche in contrasto con i risultati
di valutazioni economiche effettuate da soggetti “terzi”.
Eppure il Governo Renzi avrebbe l’occasione di cambiare “verso” e di
rilanciare solo gli investimenti pubblici che siano effettivamente
certificati da apposite valutazioni che dimostrino l’eccedenza dei benefici rispetto ai costi, ossia la redditività sociale di detti investimenti.
Questo, tra l’altro, sarebbe il vero biglietto da visita con il quale
presentarsi in Europa per dimostrare e non soltanto a parole la bontà
delle misure intraprese a favore della crescita.
(1) Si veda Il Sole 24 Ore del 10 agosto 2014.
(2) Ci si riferisce ovviamente ai pagamenti per
spese di investimento che sono rilevanti dal punto di vista della
competenza economica.
(3) Il fatto che alcune spese di investimento possano
essere assimilate a spese correnti in quanto il loro contributo alla
produttività e alla crescita è nullo o negativo può apparire solo a
prima vista “paradossale”.
(4) In base alle prescrizioni del Dlgs 228/2011, i
Ministeri sono tenuti a svolgere le attività di valutazione ex ante ed
ex post per le opere pubbliche e di pubblica utilità a valere sulle
risorse iscritte negli stati di previsione dei singoli Ministeri, ovvero
oggetto di trasferimento da parte degli stessi a favore di soggetti
attuatori, pubblici o privati, in forza di specifica delega, ovvero
anche per le opere pubbliche che prevedono emissione di garanzie a
carico dello Stato. Il DPCM attuativo di tale norma (3 agosto 2012)
espone i riferimenti metodologici per effettuare tali valutazioni e
individua nell’analisi costi-benefici il metodo maggiormente conforme
alle finalità della norma.L’iter di programmazione delle opere pubbliche
dovrebbe quindi prevedere un’analisi economica, di tipo specialistico,
finalizzata a migliorare la qualità delle decisioni pubbliche nonché
alla razionalizzazione e alla ottimizzazione della spesa pubblica per
investimenti.
(5) Per questi ultimi valgono le seguenti
considerazioni: a) vengono finanziati progetti di cui non si conoscono
gli effetti economici; b) vengono prodotti documenti di programmazione
privi di utilità sotto il profilo dell’analisi dei fabbisogni
infrastrutturali c) non vengono abitualmente fornite valutazioni
economiche condotte secondo gli standard internazionali oppure vengono
presentate valutazioni metodologicamente errate, distorte e non fornite
da centri indipendenti.
(6) Cfr. Silvia Maffii, Riccardo Parolin, Marco Ponti,
L’”errore strategico” nelle valutazioni italiane. Le maggiori
distorsioni finalizzate a dimostrare la fattibilità
economico-finanziaria di infrastrutture di trasporto non fattibili.
Fonte: LaVoce.info
Osservazione delle Società quotate alla Borsa Italiana e dell'andamento della situazione economica internazionale. Informazioni essenziali e concise estesa a tutti i Titoli quotati a Piazza Affari - Milano, espresse sottoforma di codifica semplificata e di segnale intuitivo.
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domenica 31 agosto 2014
Cosa blocca gli investimenti pubblici
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