Siamo proprio ridotti alle pezze! Per far risultare (sulla carta) un incremento del PIL a tutti i governi europei, l'UE ha deciso che nel calcolo rientreranno per legge anche le attività illegali: traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e attività di contrabbando (leggi gui il comunicato ISTAT).
Quindi, se prossimamente, vedrete il dato del PIL magicamente
aumentare, quello della pressione fiscale improvvisamente ridursi, il
rapporto debito pubblico/PIL addirittura diminuire e politici che, con
la faccia tosta, andranno a vantarsi di tutto ciò, aspettate a
rallegrarvi. Ciò sarà vero solo sulla carta.
Ora, essendo le attività illegali fuori da ogni attendibile rilevazione
(proprio perché illegali), mi spiegate, di grazia, come diamine faranno
questi burocrati da strapazzo a considerare nel calcolo del PIL, con
una sufficiente attendibilità, anche il consumo per droghe, prostitute e
contrabbando? Sicuramente se lo inventeranno! E così essi avranno un altro elemento per falsare
ancora di più il buffo parametro di riferimento che i politici usano
per giustificare le loro malefatte (il PIL, appunto), così da venirci a
raccontare che le cose starebbero andando meglio.
Ma attenzione! È immediato immaginare
che, considerato che le attività illegali contribuiranno alla crescita
del PIL, i governi avranno meno interesse ad ostacolare la delinquenza. Non trovate?
Lo so cari italiani, è vergognoso che nessun politico si opponga. Ma questi personaggi li avrà ben votati qualcuno!
Il dato del PIL è una stima grossolana
(di discutibile attendibilità) delle spese effettuate in un determinato
paese, circa il consumo di un paniere di beni e servizi, ritenuti
arbitrariamente rappresentativo (?). Il PIL viene spacciato come se
fosse il reddito di un determinato paese, invece esso è soltanto una
sommatoria di tre fondamentali categorie di spese, infatti esso si calcola così:
PIL=C+G+I+(E-I)
dove C sono i consumi delle famiglie, G
sono le spese della pubblica amministrazione, I sono gli investimenti
privati e E-I è la differenza fra le esportazioni e le importazioni.
Il PIL non è una differenza fra costi e
ricavi da cui si rileva una presunta variazione di ricchezza, esso è una
sommatoria che rileva una presunta variazione dei consumi di una nazione. I maghi di corte,
oggi detti economisti, vi dicono che se aumenta il PIL, ciò sarebbe
positivo; praticamente vogliono far credere che un aumento delle spese
sia una cosa buona. Ve la immaginate l'esplosione di gioia di un padre
di famiglia, il quale si spezza la schiena tutto il santo giorno, che
apprende dalla propria moglie che le spese familiari sono aumentate?
Sarebbe assurdo, vero? Allora riflettete. Un aumento del risparmio
(del non consumato) è una cosa positiva, non un aumento delle spese
(idiozie moderne perseguite ancora oggi da governicchi come questo, leggi qui).
In pratica, si crede veramente che a
guidare l'economia di un paese non sia la produzione di ricchezza, ma il
suo consumo (e poi ci si chiede come mai siamo sommersi dal debito!).
Il dato del PIL descrive un mondo in cui beni e servizi vengono alla
luce per la sola domanda di essi; il PIL ignora l'esistenza, o meno,
delle condizioni (economiche e tecnologiche) necessarie
perché ci sia un'offerta che soddisfi tale domanda, in maniera
efficiente e sostenibile. Quindi il PIL non considera affatto tutte le fasi di produzione che precedono la realizzazione dei beni e dei servizi. Per questo esso non è rappresentativo della ricchezza di un paese.
Questa metodologia di determinazione del PIL suggerisce che i beni e i servizi nascano dal nulla
e non per l'attività svolta dagli attori economici. Uno stato potrebbe
iniziare a spendere per la costruzione di piramidi e obelischi in tutto
il suo paese e il suo PIL aumenterebbe di conseguenza (per via delle
maggiori spese sostenute per la loro realizzazione). Ma opere di questo
tipo non farebbero di quel paese un territorio più ricco rispetto a
prima, anche se così facendo si sia incrementato il valore del PIL.
Secondo il ragionamento sottostante il calcolo del PIL, dunque, Nerone
sarebbe da considerare un geniale imperatore, capace di
trasformare in oro tutto ciò che bruciava perché, così facendo,
determinava maggiore spesa pubblica per la ricostruzione. Su via!
Per questi motivi, il PIL non è un indicatore in grado di dirci se la produzione di beni e servizi di un certo paese sia il riflesso di una reale variazione di ricchezza di quel paese. E se in esso si andassero a sommare anche le spese per beni e servizi illegali, aumenterebbe la discutibilità di questo indice statistico.
Ma vi dirò di più, l'idea stessa di attribuire ad una nazione un certo reddito aggregato è già di per sé un ragionamento senza un senso.
Produce reddito chi ne può disporre direttamente: un imprenditore, soci
e amministratori di un'impresa. Pensare di cumulare il valore della
produzione realizzata in una nazione e dire che il risultato sarebbe il
reddito totale da attribuire ad essa è un approccio infantile
alla materia economica, perché valutare una fornitura di prodotti per
un certo ammontare di euro, significa che l'imprenditore può scambiare
quei prodotti con denaro di pari valore; ma una nazione ciò non lo può fare, perché essa non vanta un diritto di proprietà su quella fornitura. Quindi, che senso ha attribuire un reddito ad una nazione?
Nella metodologia di determinazione del PIL si commette un altro errore. Si somma il valore di beni e servizi aventi natura diversa
fra loro e, quindi, unità di misura differenti. Si fa un gran calderone
mettendo assieme mele con pentole, bevande con automobili, magliette
con carne di maiale. Capite che non c'è alcun rigore
scientifico nel calcolo di questo indicatore. Figuriamoci se lo
acquisisse aggiungendo in esso elementi di calcolo non obiettivi come le
spese per le attività illegali!
Quando i politici ci allarmano che il PIL sta diminuendo, essi si basano su un parametro che significa poco quanto nulla,
se non solo che le nostre spese starebbero diminuendo. Ma ciò senza che
l'indice ci possa svelare il perché di tale variazione. In casi come
questo, i politici alludono al fatto che se i consumi sono diminuiti,
ciò significherebbe una minore ricchezza dei cittadini; ma non è detto
che ciò dipenda immediatamente da una diminuzione del reddito delle
persone. Potrebbe dipendere da un eccesso dell'offerta presente sul
mercato, oppure, come spesso accade, da una minore emissione di banconote
in circolazione, da una opprimente pressione fiscale, tutti motivi che
non c'entrano nulla con il reddito dei cittadini o la insufficiente
capacità della produzione di soddisfare i desideri degli individui.
I politici usano il dato del PIL, spacciandolo per un dato indicativo della ricchezza del paese, per convincerci
che sarebbe necessario un loro intervento nell'economia reale del
paese, senza però che ce ne sia veramente la necessità. Questo è il caso
di quando la gente non consuma e che quindi non contribuisce alla
crescita del PIL. Per i politici quella è l'occasione per giustificare
l'incremento della spesa pubblica, fatta con i soldi dei cittadini, che
spesso determina maggiore debito pubblico e che permette le attività clientelari
utili per le loro prossime elezioni. Insomma, essendo quello del
consumo uno dei parametri economici che la politica può controllare con
maggiore successo, inventandosi l'importanza del PIL, i governi riescono
a dare un senso ad essi stessi nella società, i quali
agiscono attraverso la tassazione, l'emissione monetaria, la burocrazia,
ecc., senza che ce ne sia veramente un bisogno esistenziale.
Grazie allo scorretto uso del PIL, i politici dispongono della giustificazione matematica all'incremento
della spesa pubblica e dei finanziamenti a pioggia che determinano un
incremento delle tasse, dell'aumento delle banconote in circolazione che
provoca l'inflazione dei prezzi e le bolle economiche, del sostegno
alle esportazioni a dispetto delle importazioni che per l'Italia si
traduce in un incremento dei costi di produzione e dell'energia, ecc..
Ma questi interventi non faranno di quel paese un paese
più ricco, bensì stimoleranno inopportunamente un incremento forsennato
dei consumi nel breve periodo, e quindi un incremento del costo della vita
che però permane anche nel lungo periodo, il PIL registrerà un
incremento delle spese, nel breve periodo perché esse sono state
stimolate dall'incremento della spesa pubblica, nel lungo periodo solo
perché, come risposta a ciò, saranno aumentati irreparabilmente i prezzi
di mercato e non perché sarebbero aumentati realmente i consumi o la
produzione. Tenetelo sempre a mente: è il risparmio che
alimenta gli investimenti, i quali a loro volta producono maggiore
ricchezza, non il consumo. E il PIL non dimostra il contrario.
Il PIL va preso per quello che è, ovvero una stima delle spese di un paese, senza commettere l'errore di considerarlo come un presunto indicatore della ricchezza di esso. Perché non è così, neanche considerando le spese per droghe e prostitute
Fonte: Pasquale Marinelli
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