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mercoledì 4 giugno 2014

PIL e illegalità: siamo alle pezze!

Siamo proprio ridotti alle pezze! Per far risultare (sulla carta) un incremento del PIL a tutti i governi europei, l'UE ha deciso che nel calcolo rientreranno per legge anche le attività illegali: traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e attività di contrabbando (leggi gui il comunicato ISTAT).

Quindi, se prossimamente, vedrete il dato del PIL magicamente aumentare, quello della pressione fiscale improvvisamente ridursi, il rapporto debito pubblico/PIL addirittura diminuire e politici che, con la faccia tosta, andranno a vantarsi di tutto ciò, aspettate a rallegrarvi. Ciò sarà vero solo sulla carta.
Ora, essendo le attività illegali fuori da ogni attendibile rilevazione (proprio perché illegali), mi spiegate, di grazia, come diamine faranno questi burocrati da strapazzo a considerare nel calcolo del PIL, con una sufficiente attendibilità, anche il consumo per droghe, prostitute e contrabbando? Sicuramente se lo inventeranno! E così essi avranno un altro elemento per falsare ancora di più il buffo parametro di riferimento che i politici usano per giustificare le loro malefatte (il PIL, appunto), così da venirci a raccontare che le cose starebbero andando meglio.
Ma attenzione! È immediato immaginare che, considerato che le attività illegali contribuiranno alla crescita del PIL, i governi avranno meno interesse ad ostacolare la delinquenza. Non trovate?
Lo so cari italiani, è vergognoso che nessun politico si opponga. Ma questi personaggi li avrà ben votati qualcuno!
Il dato del PIL è una stima grossolana (di discutibile attendibilità) delle spese effettuate in un determinato paese, circa il consumo di un paniere di beni e servizi, ritenuti arbitrariamente rappresentativo (?). Il PIL viene spacciato come se fosse il reddito di un determinato paese, invece esso è soltanto una sommatoria di tre fondamentali categorie di spese, infatti esso si calcola così:
PIL=C+G+I+(E-I)
dove C sono i consumi delle famiglie, G sono le spese della pubblica amministrazione, I sono gli investimenti privati e E-I è la differenza fra le esportazioni e le importazioni.
Il PIL non è una differenza fra costi e ricavi da cui si rileva una presunta variazione di ricchezza, esso è una sommatoria che rileva una presunta variazione dei consumi di una nazione. I maghi di corte, oggi detti economisti, vi dicono che se aumenta il PIL, ciò sarebbe positivo; praticamente vogliono far credere che un aumento delle spese sia una cosa buona. Ve la immaginate l'esplosione di gioia di un padre di famiglia, il quale si spezza la schiena tutto il santo giorno, che apprende dalla propria moglie che le spese familiari sono aumentate? Sarebbe assurdo, vero? Allora riflettete. Un aumento del risparmio (del non consumato) è una cosa positiva, non un aumento delle spese (idiozie moderne perseguite ancora oggi da governicchi come questo, leggi qui).
In pratica, si crede veramente che a guidare l'economia di un paese non sia la produzione di ricchezza, ma il suo consumo (e poi ci si chiede come mai siamo sommersi dal debito!). Il dato del PIL descrive un mondo in cui beni e servizi vengono alla luce per la sola domanda di essi; il PIL ignora l'esistenza, o meno, delle condizioni (economiche e tecnologiche) necessarie perché ci sia un'offerta che soddisfi tale domanda, in maniera efficiente e sostenibile. Quindi il PIL non considera affatto tutte le fasi di produzione che precedono la realizzazione dei beni e dei servizi. Per questo esso non è rappresentativo della ricchezza di un paese.
Questa metodologia di determinazione del PIL suggerisce che i beni e i servizi nascano dal nulla e non per l'attività svolta dagli attori economici. Uno stato potrebbe iniziare a spendere per la costruzione di piramidi e obelischi in tutto il suo paese e il suo PIL aumenterebbe di conseguenza (per via delle maggiori spese sostenute per la loro realizzazione). Ma opere di questo tipo non farebbero di quel paese un territorio più ricco rispetto a prima, anche se così facendo si sia incrementato il valore del PIL. Secondo il ragionamento sottostante il calcolo del PIL, dunque, Nerone sarebbe da considerare un geniale imperatore, capace di trasformare in oro tutto ciò che bruciava perché, così facendo, determinava maggiore spesa pubblica per la ricostruzione. Su via!
Per questi motivi, il PIL non è un indicatore in grado di dirci se la produzione di beni e servizi di un certo paese sia il riflesso di una reale variazione di ricchezza di quel paese. E se in esso si andassero a sommare anche le spese per beni e servizi illegali, aumenterebbe la discutibilità di questo indice statistico.
Ma vi dirò di più, l'idea stessa di attribuire ad una nazione un certo reddito aggregato è già di per sé un ragionamento senza un senso. Produce reddito chi ne può disporre direttamente: un imprenditore, soci e amministratori di un'impresa. Pensare di cumulare il valore della produzione realizzata in una nazione e dire che il risultato sarebbe il reddito totale da attribuire ad essa è un approccio infantile alla materia economica, perché valutare una fornitura di prodotti per un certo ammontare di euro, significa che l'imprenditore può scambiare quei prodotti con denaro di pari valore; ma una nazione ciò non lo può fare, perché essa non vanta un diritto di proprietà su quella fornitura. Quindi, che senso ha attribuire un reddito ad una nazione?
Nella metodologia di determinazione del PIL si commette un altro errore. Si somma il valore di beni e servizi aventi natura diversa fra loro e, quindi, unità di misura differenti. Si fa un gran calderone mettendo assieme mele con pentole, bevande con automobili, magliette con carne di maiale. Capite che non c'è alcun rigore scientifico nel calcolo di questo indicatore. Figuriamoci se lo acquisisse aggiungendo in esso elementi di calcolo non obiettivi come le spese per le attività illegali!
Quando i politici ci allarmano che il PIL sta diminuendo, essi si basano su un parametro che significa poco quanto nulla, se non solo che le nostre spese starebbero diminuendo. Ma ciò senza che l'indice ci possa svelare il perché di tale variazione. In casi come questo, i politici alludono al fatto che se i consumi sono diminuiti, ciò significherebbe una minore ricchezza dei cittadini; ma non è detto che ciò dipenda immediatamente da una diminuzione del reddito delle persone. Potrebbe dipendere da un eccesso dell'offerta presente sul mercato, oppure, come spesso accade, da una  minore emissione di banconote in circolazione, da una opprimente pressione fiscale, tutti motivi che non c'entrano nulla con il reddito dei cittadini o la insufficiente capacità della produzione di soddisfare i desideri degli individui.
I politici usano il dato del PIL, spacciandolo per un dato indicativo della ricchezza del paese, per convincerci che sarebbe necessario un loro intervento nell'economia reale del paese, senza però che ce ne sia veramente la necessità. Questo è il caso di quando la gente non consuma e che quindi non contribuisce alla crescita del PIL. Per i politici quella è l'occasione per giustificare l'incremento della spesa pubblica, fatta con i soldi dei cittadini, che spesso determina maggiore debito pubblico e che permette le attività clientelari utili per le loro prossime elezioni. Insomma, essendo quello del consumo uno dei parametri economici che la politica può controllare con maggiore successo, inventandosi l'importanza del PIL, i governi riescono a dare un senso ad essi stessi nella società, i quali agiscono attraverso la tassazione, l'emissione monetaria, la burocrazia, ecc., senza che ce ne sia veramente un bisogno esistenziale.
Grazie allo scorretto uso del PIL, i politici dispongono della giustificazione matematica all'incremento della spesa pubblica e dei finanziamenti a pioggia che determinano un incremento delle tasse, dell'aumento delle banconote in circolazione che provoca l'inflazione dei prezzi e le bolle economiche, del sostegno alle esportazioni a dispetto delle importazioni che per l'Italia si traduce in un incremento dei costi di produzione e dell'energia, ecc.. Ma questi interventi non faranno di quel paese un paese più ricco, bensì stimoleranno inopportunamente un incremento forsennato dei consumi nel breve periodo, e quindi un incremento del costo della vita che però permane anche nel lungo periodo, il PIL registrerà un incremento delle spese, nel breve periodo perché esse sono state stimolate dall'incremento della spesa pubblica, nel lungo periodo solo perché, come risposta a ciò, saranno aumentati irreparabilmente i prezzi di mercato e non perché sarebbero aumentati realmente i consumi o la produzione. Tenetelo sempre a mente: è il risparmio che alimenta gli investimenti, i quali a loro volta producono maggiore ricchezza, non il consumo. E il PIL non dimostra il contrario.
Il PIL va preso per quello che è, ovvero una stima delle spese di un paese, senza commettere l'errore di considerarlo come un presunto indicatore della ricchezza di esso. Perché non è così, neanche considerando le spese per droghe e prostitute

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