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sabato 12 aprile 2014

Quattro domande sul Def

Il Def ci fa fare piccoli passi in avanti nel capire meglio quale sarà la politica economica del Governo Renzi. Per avere un’idea degli interventi immediati, c’è bisogno di chiarimenti. Poniamo alcune domande a mezzo di crocette, che non dovrebbero portare via troppo tempo a un Governo che va di corsa.


I titoli sono quelli giusti: detassare il lavoro e tagliare la spesa, partendo dal dare buon esempio con manager e dirigenti pubblici. Nulla da ridire anche sul fatto di tassare il regalo fatto sotto il governo Letta alle banche con l’operazione quote Banca d’Italia. Il dettaglio di quanto costerà alle singole banche è riportato nel seguito.
Dietro a questi titoli ci sono molti dettagli importanti (spesso più dei titoli). Il tempo a disposizione per scrivere i provvedimenti, compresi i tagli di spesa che vanno sotto al nome di spending review si va esaurendo. Sugli sconti in busta paga non si può andare oltre il 18 aprile.
Nel frattempo ci accontenteremmo dunque di guardare ai saldi contemplati dal Documento di Economia e Finanza. E’ un documento molto lungo, con molto testo, molti box con freccette stile articolo di giornale e pochi dati. Rassicurante notare che il lungo elenco di azioni del piano nazionale delle riforme è coerente con gli annunci fatti il 12 marzo. Solo le scadenze sono un po’ più generose e forse più realistiche (vedi sotto).
Data la vaghezza del DEF avremmo tante domande da porre. Ci limiteremo solamente a 4 quesiti. Nel porli spieghiamo anche perchè sono importanti e non pignolerie. E forniamo risposte a crocette così da portare via meno tempo possibile a chi vorrà gentilmente risponderci:

1. A quanto ammontano complessivamente i tagli di spesa contemplati nell’ambito della spending review per il 2014?
4,5 miliardi
6 miliardi
9 miliardi

Nel DEF si fa riferimento a 6 miliardi di tagli provenienti dalla spending review. Nella conferenza stampa di presentazione del DEF si è invece parlato di 4,5 miliardi che andrebbero a finanziare l’operazione sul cuneo. In attesa di sapere in che cosa consistano questi tagli, viene da chiedersi se questi 6 (o 4,5) miliardi comprendano i 3 miliardi già contemplati dal governo precedente, di cui all’audizione del Commissario Cottarelli alla Commissione Bilancio della Camera o siano aggiuntivi rispetto a questi. La domanda è importante per capirne la fattibilità dei tagli. Secondo il commissario negli otto (ormai 7) mesi residui, i tagli tecnicamente fattibili non supererebbero i 3 miliardi da aggiungersi ai 3 già preventivati, per un totale, dunque di 6 miliardi. E non ci risulta che i provvedimenti (i tagli si fanno per lo più per legge non per semplice atto amministrativo) siano stati scritti.
2. Quanto costa a regime il taglio del cuneo fiscale? 10 miliardi
14 miliardi

Il Presidente del Consiglio nella conferenza stampa si è impegnato ad assegnare gli 80 euro al mese in busta paga da maggio anche ai cosiddetti incapienti. Questo fa salire il costo dell’operazione di 4 miliardi (1000 euro per 4 milioni di incapienti) rispetto ai 10 preventivati. Eppure il Governo (e il DEF) continuano a fare riferimento a 6,6 miliardi da coprire nel 2014 (dovrebbero essere più di 9 applicando pro-quota agli ultimi 8 mesi il bonusbonus di 80 euro per un costo annuale di 14 miliardi). O forse si pensa di dare agli incapienti meno di 80 euro a testa?

3. Quanto del taglio del cuneo fiscale verrà finanziato con misure strutturali nel 2014? al 100%
per più del 75%
per più del 50%
per più del 25%
per meno del 25%

Il governo si attende un forte stimolo alla crescita dal taglio del cuneo fiscale (più di mezzo di punto di pil a regime). Ma gli effetti espansivi di questa misura sono strettamente legati a come verrà attuata la riduzione del cuneo. In particolare conta se verrà percepita come permanente o temporanea (e il dubbio è legittimo dato che siamo in campagna elettorale) dalle famiglie. Il Governo si è a più riprese impegnato a trovare fin da subito coperture strutturali ma sin qui nelle conferenze stampa si è fatto riferimento soprattutto a provvedimenti che non sono strutturali, quali la tassazione al 26% (anzichè al 12%) delle plusvalenze sull operazione quote bankitalia (un’operazione tra l’altro a rischio infrazione), l’IVA sui pagamenti dei debiti della PA (che anticipa al 2014 entrate già previste nel 2015) e la regolarizzazione e rimpatrio dei capitali dall’estero.

4. È il decreto lavoro, che liberalizza i contratti a tempo determinato, la riforma strutturale del lavoro? si
no

Le riforme strutturali sono fondamentali per rilanciare la crescita se non nell’immediato nel giro di qualche anno e per guadagnarsi margini di manovra a Bruxelles. Nella conferenza stampa di presentazione del DEF il Presidente del Consiglio ha sostenuto di aver rispettato l’impegno di riformare il mercato del lavoro a marzo e nel DEF in effetti si sostiene che la riforma volta a “rendere i contratti a termine più coerenti con le esigenze dell’attuale contesto occupazionale” è già stata fatta a marzo. Viene perciò da chiedersi se il jobs act consista unicamente nel decreto che liberalizza i contratti a tempo determinato. Un’altra possibilità è che lo scadenzario riguardi la data in cui i provvedimenti vengono approvati dal governo anzichè la data in cui entrano in vigore.


 Fonte: LaVoce.info





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