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sabato 22 febbraio 2014

Ucraina a un passo dal fallimento. Chi ne fa le spese?

Ucraina a un passo dal fallimento, con S&P che taglia il rating e sul mercato obbligazionario i bond a breve scadenza che rendono di più di quelli a lungo termine. E questo, nonostante, la presidenza ucraina, in un comunicato, ha detto che, dopo una maratona notturna di negoziati, è stato trovato un accordo tra il governo stesso, l'opposizione, l'Ue e la Russia, accordo che prevede elezioni presidenziali anticipate, un governo di coalizione e una riforma costituzionale.
Ma a Kiev la tensione resta altissima. Standard & Poors ha tagliato, infatti, di un gradino il rating di lungo termine del Paese portandolo a CCC dal precedente CCC+, a causa del peggioramento della situazione politica che starebbe minando la capacità del Governo di onorare il suo debito. E la situazione sembra destinata a non migliorare. L'agenzia di rating ha ancora un outlook negativo sull'Ucraina, e questo fa presupporre un possibile nuovo downgrade nel medio termine. S&P ritiene infatti che una soluzione pacifica e conciliatoria sarebbe ormai fuori portata.

L'intensificarsi della crisi si avverte anche sul fronte obbligazionario, con la scadenza 2023 che rende meno di quella 2015. Bisogna precisare che in Ucraina tutte le emissioni sono in dollari; emissioni in valuta locale non avrebbero appeal su investitori esteri.

Quando la curva si sposta così, con le obbligazioni a breve che salgono di più di quelle a lungo termine, significa che il mercato scommette su un defaut dello Stato”, spiega Filippo Diodovich, strategist di IG, che poi aggiunge però che “è un caso eccezionale che capita solo nei momenti di crisi, come in questo caso”.

Sia l’inversione della curva sia il calo dei prezzi delle obbligazioni ucraine denominate in dollari, per effetto anche della svalutazione del rublo sul dollaro e sull' euro, denotano altissime tensioni sui mercati finanziari dell’area russa a causa dello spettro della guerra civile in Ucraina”, prosegue Edoardo Liuni di Trading Room Italia.

Quali gli effetti sulle società italiane?
L'Ucraina è un mercato strategico per i gasdotti e rappresenta un importante snodo per il gas
della Russia verso i Paesi occudentali”, prosegue Diodovich, che ha notato un forte incremento dei prezzi del gas. “Stamattina il future sul gas naturale è cresciuto del 3%”, commenta lo strategist, spiegando che questo potrebbe avere un impatto per tutte le società del settore industriale.

Ma non solo. L'Ucraina è anche un importante mercato per le materie prime, in particolare per il cereali.

Inoltre, l'intensificarsi della crisi nel Paese rischia di produrre uno stato di tensione per tutte quelle società italiane presenti.

Secondo l'Ambasciata italiana a Kiev, risultano oltre 300 le aziende con interessi italiani, formalmente iscritte nei registri delle Autorità ucraine. “Le presenze stabili (circa 140) assumono veste di uffici di rappresentanza, società di diritto ucraino, con capitale al 100% italiano o in "joint-venture” con soci locali (a seguito di investimenti "green-field”, o di acquisizioni di impianti pre-esistenti)”, si legge sul sito.

I maggiori investimenti italiani sono nel campo assicurativo-finanziario, nel settore della trasformazione alimentare, in quello delle ceramiche, legno, tessile e calzature.

Solo a titolo indicativo, tra le maggiori aziende italiane presenti in Ucraina nel comparto banche e servizi finanziari si possono citare Unicredit, Intesa Sanpaolo e Generali, nel settore degli impianti produttivi, invece, Fashion Group, Guala Closures, Campari e Buzzi Unicem. Tra le società che hanno commesse pubbliche/private in corso si trovano Danieli (realizzazione di una acciaieria chiavi in mano a Dnipropetrovsk), Todini e Salini Costruttori (costruzione di due tratti dell'autostrada Kiev-Chop)e Saipem (installazione di impianti per l'estrazione di idrocarburi). Infine, tra i maggiori uffici commerciali ci sono quelli di Iveco, New Holland, Indesit, Marazzi, Manuli Alitalia e Eni, mentre commercializzano, tramite reti di aziende ucraine importatrici, i marchi dell'automobile (Fiat, Maserati e Ferrari), della motoristica (Ducati), della moda italiana e dell'arredamento. Presente, inoltre, in base ad accordi di "franchising” con "partners” locali, il gruppo Benetton.

A livello societario, non credo che in questa fase il mercato stia scontando possibili rischi di calo del fatturato in quell’area, se non marginalmente”, commenta Liuni.

Passando alla Russia, nei giorni scorsi Mosca ha annullato diverse aste di titoli pubblici. Inoltre, sul fronte valutario, si sta assistendo a pesanti ripercussioni sul rublo, con il rapporto euro/rublo ai massimi storici e quello dollaro/rublo ai massimi degli ultimi 5 anni. In realtà stamattina i cambi erano leggermente scesi sulle voci del raggiungimento di un accordo tra il presidente dell'Ucraina, Viktor Yanukovich, il leader dell'opposizione e i rappresentanti europei e russi. Voci poi non confermate, che hanno quindi riportato in alto i cambi.

E le tensioni sul rublo potrebbero, in un secondo momento, avere delle ripercussioni negative anche sulle società italiane che hanno rapporti commerciali con la Russia. Questo il caso, in primis, di Eni e Saras, che hanno una forte presenza nel Paese. Ma non solo, visto che proprio alla fine dello scorso anno, nell'ambito del forum Italia-Russia e del concomitante vertice bilaterale, sono stati firmati 21 accordi commerciali, tra cui figurano quelli tra Enel e Rosneft, Eni sempre con Rosneft e con Novatek, Poste-Selex con le Poste russe, Mediobanca, Fincantieri e Pirelli.


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