Ma a Kiev la tensione resta altissima. Standard & Poors ha tagliato, infatti, di un gradino il rating di lungo termine del Paese portandolo a CCC
dal precedente CCC+, a causa del peggioramento della situazione
politica che starebbe minando la capacità del Governo di
onorare il suo debito. E la situazione sembra destinata a non migliorare.
L'agenzia di rating ha ancora un outlook negativo
sull'Ucraina, e questo fa presupporre un possibile nuovo downgrade nel
medio termine. S&P ritiene infatti che una soluzione pacifica e
conciliatoria sarebbe ormai fuori portata.
L'intensificarsi della crisi si avverte anche sul fronte obbligazionario, con la scadenza 2023 che rende meno di quella 2015.
Bisogna precisare che in Ucraina tutte le emissioni sono in dollari;
emissioni in valuta locale non avrebbero appeal su investitori esteri.
“Quando
la curva si sposta così, con le obbligazioni a breve che salgono di
più di quelle a lungo termine, significa che il mercato scommette su un
defaut dello Stato”, spiega Filippo Diodovich,
strategist di IG, che poi aggiunge però che “è un caso eccezionale che
capita solo nei momenti di crisi, come in questo caso”.
“Sia
l’inversione della curva sia il calo dei prezzi delle obbligazioni
ucraine denominate in dollari, per effetto anche della svalutazione del
rublo sul dollaro e sull' euro, denotano altissime tensioni sui mercati
finanziari dell’area russa a causa dello spettro della guerra civile in
Ucraina”, prosegue Edoardo Liuni di Trading Room Italia.
Quali gli effetti sulle società italiane?
“L'Ucraina è un mercato strategico per i gasdotti e rappresenta un importante snodo per il gas della Russia verso i Paesi occudentali”, prosegue Diodovich, che ha notato un forte incremento dei prezzi del gas. “Stamattina il future sul gas naturale è cresciuto del 3%”, commenta lo strategist, spiegando che questo potrebbe avere un impatto per tutte le società del settore industriale.
“L'Ucraina è un mercato strategico per i gasdotti e rappresenta un importante snodo per il gas della Russia verso i Paesi occudentali”, prosegue Diodovich, che ha notato un forte incremento dei prezzi del gas. “Stamattina il future sul gas naturale è cresciuto del 3%”, commenta lo strategist, spiegando che questo potrebbe avere un impatto per tutte le società del settore industriale.
Ma non solo. L'Ucraina è anche un importante mercato per le materie prime, in particolare per il cereali.
Inoltre,
l'intensificarsi della crisi nel Paese rischia di produrre uno stato di
tensione per tutte quelle società italiane presenti.
Secondo l'Ambasciata italiana a Kiev, risultano oltre 300 le aziende con interessi italiani,
formalmente iscritte nei registri delle Autorità ucraine. “Le presenze
stabili (circa 140) assumono veste di uffici di rappresentanza, società
di diritto ucraino, con capitale al 100% italiano o in "joint-venture”
con soci locali (a seguito di investimenti "green-field”, o di
acquisizioni di impianti pre-esistenti)”, si legge sul sito.
I
maggiori investimenti italiani sono nel campo assicurativo-finanziario,
nel settore della trasformazione alimentare, in quello delle ceramiche,
legno, tessile e calzature.
Solo a titolo indicativo, tra le maggiori aziende italiane presenti in Ucraina nel comparto banche e servizi finanziari si possono citare Unicredit, Intesa Sanpaolo e Generali, nel settore degli impianti produttivi, invece, Fashion Group, Guala Closures, Campari e Buzzi Unicem. Tra le società che hanno commesse pubbliche/private in corso si trovano Danieli
(realizzazione di una acciaieria chiavi in mano a Dnipropetrovsk),
Todini e Salini Costruttori (costruzione di due tratti dell'autostrada
Kiev-Chop)e Saipem (installazione di impianti per l'estrazione di
idrocarburi). Infine, tra i maggiori uffici commerciali ci
sono quelli di Iveco, New Holland, Indesit, Marazzi, Manuli Alitalia e
Eni, mentre commercializzano, tramite reti di aziende ucraine
importatrici, i marchi dell'automobile (Fiat, Maserati e Ferrari), della
motoristica (Ducati), della moda italiana e dell'arredamento. Presente,
inoltre, in base ad accordi di "franchising” con "partners” locali, il
gruppo Benetton.
“A
livello societario, non credo che in questa fase il mercato stia
scontando possibili rischi di calo del fatturato in quell’area, se non
marginalmente”, commenta Liuni.
Passando alla Russia, nei giorni scorsi Mosca ha annullato diverse aste di titoli pubblici. Inoltre, sul fronte valutario, si sta assistendo a pesanti ripercussioni sul rublo,
con il rapporto euro/rublo ai massimi storici e quello dollaro/rublo ai
massimi degli ultimi 5 anni. In realtà stamattina i cambi erano
leggermente scesi sulle voci del raggiungimento di un accordo tra il
presidente dell'Ucraina, Viktor Yanukovich, il leader dell'opposizione e
i rappresentanti europei e russi. Voci poi non confermate, che hanno
quindi riportato in alto i cambi.
E le tensioni sul rublo potrebbero, in un secondo momento, avere delle ripercussioni negative anche sulle società italiane che hanno rapporti commerciali con la Russia.
Questo il caso, in primis, di Eni e Saras, che hanno una forte presenza
nel Paese. Ma non solo, visto che proprio alla fine dello scorso anno, nell'ambito
del forum Italia-Russia e del concomitante vertice bilaterale, sono
stati firmati 21 accordi commerciali, tra cui figurano quelli tra
Enel e Rosneft, Eni sempre con Rosneft e con Novatek, Poste-Selex con
le Poste russe, Mediobanca, Fincantieri e Pirelli.
Fonte: Professione Finanza
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