Gli italiani quindi hanno spostato le loro preferenze di investimento in settori dove il rischio è molto più basso, preferendo i conti deposito e le attività meno pericolose a svantaggio dell'investimento in azioni e in fondi comuni. Non è sufficiente esaminare nei bilanci del campione degli investitori medi - un gruppo che non include le famiglie più abbienti e si accosta di più alla composizione media della popolazione - dove si trova un altro indicatore di disagio, quello dell'aumento dell'indebitamento. E infatti, dal 1999 alla fine del 2011 sono raddoppiate le passività finanziarie in percentuale del reddito disponibile: l'ultimo valore è pari all'80% mentre quello di partenza era del 40%. Invece il fatto positivo è che gli italiani rimangono in assoluto i meno indebitati in Europa, anche se dal 2008 in poi la distanza con gli altri paesi europei si è accorciata, in particolare con i tedeschi (che hanno ridotto negli ultimi anni il loro livello di indebitamento) mentre è aumentata rispetto agli anni passati la quota di debiti contratti da francesi e spagnoli. Per quanto riguarda invece il settore degli investimenti, se da un anno all'altro le differenze sono poco marcate, rispetto al 2007 (cioè a prima dell'esplosione della crisi dei subprime) risultano inferiori di 10 punti percentuali gli investimenti in "strumenti finanziari rischiosi", secondo la definizione della Relazione Consob: la percentuale di famiglie che investono in azioni, obbligazioni, risparmio gestito e polizze vita si attesta nel 2012 al 25%, con decrementi particolarmente sensibili nel comparto delle polizze vita e fondi pensione e dei prodotti di risparmio gestito (presente quest'ultimo nei portafogli del 9% delle famiglie italiane). In particolare le azioni quotate sono contenute nei portafogli del 2,9% delle famiglie medie, mentre ancora alla fine del 2011 erano pari al 4,1% (e prima della crisi erano pari al 6,4%). Focalizzando inoltre l'analisi sulla composizione del portafoglio delle famiglie, la categoria di gran lunga più diffusa è quella dei depositi e del risparmio postale, che rappresenta quasi la metà (47% per l'esattezza) dell'intero portafoglio medio, e in crescita di circa dieci punti rispetto al 2007. In aumento anche l'incidenza percentuale dei titoli di Stato, passati dal 14,2 al 17,1% in un anno (dal 2011 al 2012) e superiori ai livelli pre-crisi. Dimezzato invece, dal 2007 a fine 2012, l'investimento in azioni, passato dal 10% del portafoglio all'attuale 5,3% (mentre è lievissima la diminuzione dal 2011 all'anno successivo).
Fonte: ProfessioneFinanza
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