Partiamo dal seguente semplice grafico, che ci racconta il recente passato
dell'Italia e ci consente esprimere anche qualche giudizio sul prossimo
futuro.
Il grafico rappresenta la dinamica del PIL nominale (scala sinistra) e
del debito pubblico dall'anno 2000 in poi; mentre la scala destra (linea
verde) esprime l'andamento del rapporto debito/Pil nel periodo
considerato.
Come si osserva, dal 2000 fino al 2007/2008, le traiettorie del debito
pubblico e del Pil sono del tutto analoghe, con una lieve diminuzione
del rapporto tra debito e Pil (linea verde) durante il periodo di maggiore
espansione economica.
Si ricorderà che quegli anni sono stati caratterizzati da un ciclo
economico straordinariamente positivo per l'Italia e per il resto del
mondo, benché viziato da numerosi fattori che hanno costituito (almeno
in parte) la causa della crisi scoppiata nel 2008 con il fallimento di
Leheman Brothers, con le conseguenze che ne sono derivate.
Basti pensare che, alla fine del 2006, il tasso di disoccupazione era arrivato al 6.1% contro il 13% attuale.
Nonostante un ciclo economico di estremo favore, il rapporto
debito/Pil non è mai diminuito sotto la soglia del 103,3% dai massimi di
quel periodo a 109%. Una riduzione inferiore al 6%, insomma.
Ad oggi la situazione è imparagonabile rispetto ad allora, sotto tutti i punti di vista.
La più grave crisi economica che si è abbattuta sull'Italia in tempo di
pace, ha generato qualche milioni di inoccupati (o sottoccupati) in più
rispetto ad allora. Le condizioni del sistema creditizio italiano, con
oltre 160 miliardi di euro di sofferenze sulle spalle, sono assai più
fragili rispetto ad allora, solo per usare un eufemismo. Di conseguenza,
anche l'erogazione del credito da parte delle banche ha subito una
notevole contrazione; così come tutta l'attività economica desumibile
dalla contrazione del PIL (linea blu del grafico). Una parte
significativa del sistema produttivo è andata perduta, mentre le
statistiche più aggiornate ci informano che quasi 10 milioni di
individui ballano sulla soglia della povertà. Il debito, dalla fine del
2008 è esploso ed è aumentato di 400 miliardi di euro (linea rossa), che
assorbe risorse aggiuntive destinate al pagamento di interessi.
Risorse, quindi, sottratte allo sviluppo economico, che impongono
avanzi primari sempre più robusti per rendere sostenibile la spesa sugli
interessi.Si potrebbe andare avanti per ore nell'analizzare dati economici che testimoniano la grave crisi in cui è precipitata l'italia, ma non cambierebbe affatto la sostanza.
Ciononostante, il Governo, nella stesura del DEf appare assai ottimista circa l'inversione di tendenza della dinamica del debito pubblico nei prossimi anni, stante anche la fallacia delle previsioni di crescita contenute nello stesso DEF, già superiori rispetto alle previsioni elaborate da altre istituzioni internazionali, peraltro anch'esse assai ottimistiche.
Il grafico di seguito riportato, estratto dal DEF 2014 elaborato dal Governo, sintetizza la traiettoria del debito pubblico nei prossimi anni, secondo le previsioni governative.
Si osserva che il debito pubblico,dopo un ulteriore incremento al 134.9% nel 2014, inverte repentinamente la tendenza, fino ad arrivare, nel 2018, al 120,5% (116% al netto dei sostegni ai vari fondi di salvataggio europei), ossia 15 punti percentuali in meno rispetto ai massimi del 2014, in soli 4 anni.
Di fatto, si tratta di una diminuzione più che doppia rispetto alla diminuzione massima (6%) verificatasi durante tutto il periodo precedente (2000/2008) in condizioni economiche del tutto imparagonabili rispetto alle attuali e a quelle future.
A parer di chi scrive, la riduzione del debito prevista dal governo è del tutto fantasiosa e non esiste una
sola possibilità su un milione che il l'Italia riesca a ridurre il debito
pubblico nella misura e nei tempi previsti nel DEF.
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